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La femminilizzazione della povertà

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Messaggio Da Admin Dom Gen 24, 2010 7:45 am

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La femminilizzazione della povertà Empty IL DIVARIO DI RETRIBUZIONE TRA DONNE E UOMINI

Messaggio Da Admin Dom Gen 24, 2010 7:55 am

IL DIVARIO DI RETRIBUZIONE TRA DONNE E UOMINI

Per divario di retribuzione si intende la differenza delle retribuzioni orarie medie delle donne e degli uomini per tutti i settori dell’economia. In tutta Europa, le donne percepiscono in media una retribuzione inferiore del 17% circa rispetto a quella degli uomini e in alcuni paesi tale divario si sta allargando sempre di più.

Il divario di retribuzione tra donne e uomini si ripercuote pesantemente anche sui guadagni percepiti nell’arco di tutta la vita e sulle pensioni delle donne. Una retribuzione inferiore si traduce infatti in una pensione di minore entità ed è causa di un maggiore rischio di povertà per le donne anziane. Questa differenza retributiva è la conseguenza di una continua discriminazione e di disparità sul mercato del lavoro che, all’atto pratico, colpiscono principalmente le donne. Il divario retributivo è inoltre collegato a una serie di fattori giuridici, sociali ed economici che vanno oltre la mera questione di una pari retribuzione per uno stesso lavoro.

Tratto da: Commissione Europea; occupazione, affari sociali e pari opportunità
Il: 24.01.2010 Link: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=681&langId=it
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Messaggio Da Admin Dom Gen 24, 2010 8:04 am

La femminilizzazione della povertà

Gran parte degli 1,5 miliardi di persone che vivono con 1 dollaro al giorno, o meno, sono donne. In aggiunta, nel corso dell’ultimo decennio il divario fra le donne e gli uomini invischiati nel ciclo della povertà ha continuato ad allargarsi, un fenomeno cui comunemente ci si riferisce come alla "femminilizzazione della povertà". In tutto il mondo, infatti, le donne guadagnano leggermente di più del 50 per cento rispetto a quanto guadagna un u**o.
Alle donne che vivono in povertà viene spesso negato l’accesso a risorse di fondamentale importanza quali il credito, la terra e il patrimonio ereditario. Il loro lavoro non viene ricompensato né tantomeno riconosciuto. Né viene data alcuna priorità alla loro assistenza sanitaria o alle loro esigenze nutrizionali, non dispongono di un accesso sufficiente all’istruzione e ai servizi di sostegno, e la loro partecipazione ai processi decisionali in famiglia e nella comunità è minima. Catturate nel ciclo della povertà, a queste donne manca l’accesso alle risorse e ai servizi che potrebbero cambiare la loro situazione.
La Piattaforma per l’Azione adottata dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne, tenuta a Pechino nel 1995, identificava l’eliminazione del persistente e crescente fardello della povertà delle donne come una delle 12 aree di crisi che richiedevano speciale attenzione ed iniziative da parte della comunità internazionale, dei governi e della società civile.
La Commissione delle Nazioni Unite sulla Condizione delle Donne ha discusso la questione delle donne e della povertà in occasione della quarantesima sessione, nel 1996, e ha proposto l’adozione di ulteriori iniziative che dovrebbero essere assunte dagli stati membri dell’ONU e dalla comunità internazionale, tra cui l’adozione di una prospettiva di genere in tutte le politiche e i programmi per l’eliminazione della povertà. Fra le conclusioni concordate della sessione c’erano delle misure mirate per l’adozione di politiche che assicurino che tutte le donne beneficino di un’adeguata protezione economica e sociale durante i periodi di disoccupazione, malattia, maternità, gestazione, vedovanza, disabilità e vecchiaia; e che le donne, gli uomini e la società condividano le responsabilità per i figli e per l’assistenza di quanti non sono più indipendenti.
Le donne sono i poveri del pianeta
Un importante risultato della Conferenza di Pechino è stato il riconoscimento da parte dei governi del fatto che esiste una dimensione sessuale della povertà. Questa nuova consapevolezza si è tradotta in sforzi per rifolalizzare le politiche per l’eliminazione della povertà, così da rivolgersi in maniera specifica alle esigenze delle donne, in particolare di quelle che vivono nelle aree rurali. Essa ha inoltre condotto all’introduzione di una più ampia definizione di povertà, che non solo tiene conto dei bisogni minimi fondamentali, ma include anche la negazione di opportunità e di scelte. La grande maggioranza delle nazioni che hanno presentato dei rapporti sulla loro attuazione della Piattaforma per l’Azione di Pechino hanno fatto riferimento a numerose iniziative in quest’area. Alcuni esempi sono i seguenti:
• In Uganda, è stato finalmente compreso che solo incorporando una prospettiva di genere in tutti gli aspetti del Piano d’Azione Nazionale per l’Eliminazione della Povertà l’obiettivo di eliminare la povertà di massa entro il 2017 potrà essere raggiunto.
• Camerun, Madagascar e Niger hanno identificato le donne come un gruppo specifico cui rivolgere i propri programmi nazionali per l’eliminazione della povertà.
• Il Senegal ha condotto un programma di formazione di genere, riservato ai responsabili del processo decisionale, per incorporare una prospettiva sessuale nella pianificazione settoriale per lo sviluppo.
• Nel 1998 il Ministero degli Affari Sociali della Palestina ha investito delle risorse in favore di alcuni progetti speciali tesi a favorire lo sviluppo di capacità imprenditoriali fra le donne.
• La politica di assistenza allo sviluppo della Danimarca esige l’inclusione di una prospettiva di genere in tutti i programmi.
• Singapore ha attuato il progetto per il Miglioramento delle Condizioni delle Famiglie Povere, scopo del quale è di aiutare le famiglie a basso reddito ad accedere all’istruzione e all’abitazione.
Le donne e la globalizzazione
L’impatto negativo della globalizzazione dell’economia mondiale è stato sopportato dalle donne in misura esagerata. Nel momento in cui l’economia diviene sempre più legata ai mercati globali, sempre più frequentemente essa conduce a una riduzione dei programmi sociali e dei finanziamenti pubblici, trasferendo i costi relativi a carico della famiglia, nella quale sono più di frequente le donne a dover sopportare il carico aggiuntivo.
• La Cina ha riferito che, grazie al suo approccio di ampia portata all’eliminazione della povertà fra le donne, il numero dei suoi cittadini che vivono in condizioni di povertà è diminuito dai 65 milioni del 1995 ai 42 milioni del 1998. Il sessanta per cento di quanti sono stati liberati dalla povertà erano donne.
• Lo Zambia, come molte altre nazioni africane, sta tentando di ammortizzare l’impatto negativo esercitato sulle donne dai programmi di aggiustamento strutturali. Il governo sta di conseguenza attuando un Programma Sociale d’Azione che fornirà le risorse per istruire le donne e fornire loro servizi sanitari.
• Il programma PROGESEA, presentato nel 1997 in Messico, offre assistenza alle donne povere nei settori dell’occupazione, dell’istruzione, della sanità e della nutrizione.
• L’introduzione di un salario minimo nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America ha beneficiato, rispettivamente, 1,3 milioni e 5,7 milioni di donne.
• In Georgia, un’analisi dell’impatto esercitato sulle donne dalle politiche fiscali e di investimenti macroeconomici ha contribuito alla formulazione di politiche volte a minimizzare l’impatto negativo esercitato dalle trasformazioni economiche sulle donne.
• In Germania, un progetto pilota denominato "Assistenza per le madri single senzatetto" ha integrato queste donne nella società e procurato loro un lavoro.


Una chiave per il cambiamento
Attribuire potere e responsabilità alle donne costituisce un fattore fondamentale per liberare i milioni di persone che si ritrovano invischiati nel ciclo di povertà e fame. Garantendo alle donne l’accesso a opportunità economiche ed educative, come pure l’autonomia necessaria per trarre vantaggio di simili opportunità, verrebbe superato un importante ostacolo all’eliminazione della povertà.
A tale scopo, la disponibilità di credito, specialmente di microcrediti, è diventata una strategia estremamente popolare e di successo per l’eliminazione della povertà.
Secondo il Rapporto sulla Povertà 1998 del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (United Nations Development Program - UNDP), attualmente nel mondo intero circa 10 milioni di donne hanno ottenuto dei finanziamenti grazie a sistemi di piccoli prestiti. Fra gli esempi di quanto è stato fatto dopo la Conferenza di Pechino possiamo ricordare:
• Nel 1997 gli Stati Uniti hanno assegnato a donne imprenditrici più di 10.000 prestiti, per un totale di 67 miliardi di dollari.
• Nel Belize, la Banca per le Piccole Attività e i Piccoli Agricoltori destina il 29 per cento dei suoi fondi alle donne.
• Il Giappone offre prestiti senza interessi a 27.000 donne che vivono nelle campagne.
• A partire dal 1994, il 96 per cento delle donne palestinesi che prendono parte a dei progetti agricoli beneficiano dell’attuazione di programmi di prestiti.
• A Trinidad e Tobago l’azienda per lo Sviluppo della Piccola Impresa ha destinato alle donne il 65 per cento dei prestiti erogati.
• Nel Sudan, il Fondo delle Nazioni Unite per le Popolazioni (United Nations Population Fund – UNFPA) ha fornito il capitale d’avviamento necessario a creare delle aziende commerciali il cui scopo è quello di alzare il livello di vita di donne a basso reddito.
• Nel Vietnam, un progetto patrocinato dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ha raggiunto più di 60.000 donne povere che vivevano in 198 comuni di 28 province, offrendo loro dei piccoli prestiti e conoscenze elementari sulle attività che producono reddito.
La Piattaforma per l’Azione di Pechino invita inoltre le nazioni a "intraprendere le riforme legislative e amministrative che garantiscano alle donne un accesso pieno e paritario alle risorse economiche, compreso il diritto al patrimonio ereditario e al possesso della terra". Ciononostante, i progressi compiuti in quest’area sono stati lenti. Solo un ristretto numero di nazioni – tra cui la Bolivia, la Malesia, la Tanzania e lo Zimbabwe – hanno modificato le proprie leggi in modo da rendere possibile alle donne di ereditare proprietà terriere.
Famiglie con a capo una donna
Sia nelle nazioni sviluppate che in quelle in via di sviluppo c’è stato un incremento nel numero di famiglie che hanno a capo una donna. Le famiglie con a capo una donna che non possono fare affidamento sulle rimesse dei maschi che guadagnano sono di solito ritenute più povere di quelle che hanno invece a capo un u**o. Questo tipo di famiglie è di norma maggiormente soggetto a un aumento della disoccupazione e alle riduzioni apportate ai bilanci dell’assistenza sociale. Iniziative per contrastare questo fenomeno comprendono:
• Nella Legge Finanziaria del 1988, l’Italia ha stanziato 250 milioni di lire per assicurare un reddito minimo alle famiglie povere, gran parte delle quali avevano a capo una donna.
• Iran e Giappone hanno destinato dei fondi per dei programmi che puntano a integrare le famiglie rurali che hanno a capo una donna nel sistema dell’occupazione produttiva.
• Singapore ha attuato il progetto per il Miglioramento delle Condizioni delle Famiglie Povere, progettato per aiutare le famiglie a basso reddito, in particolare quelle con una donna come capofamiglia, ad accedere all’istruzione e all’abitazione.
• La Grecia ha concesso delle indennità di cui beneficiano le famiglie con a capo una donna.

Questo documento informativo si basa sul testo "Review and Appraisal of the Implementation of the Beijing Platform for Action: Report of the Secretary-General" (E/CN.6/2000/PC/2).
Pubblicato dal Dipartimento Pubblica Informazione delle Nazioni Unite
DPI/2035/A – Maggio 2000
Traduzione non ufficiale a cura del Centro di Informazione delle Nazioni Unite, Maggio 2000


Tratto da: Onu Italia
Il: 24.1.2010 Link: http://onuitalia.it/calendar/women2000b.html


Ultima modifica di Admin il Gio Gen 28, 2010 1:51 am - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Admin Mer Gen 27, 2010 5:48 am

Quando il sessismo paga

Evidenziata una correlazione statisticamente significativa tra visione dei ruoli di genere e il livello di retribuzione: gli uomini più tradizionalisti guadagnano in media di più rispetto agli altri

Le convinzioni sui ruoli sessuali nella società hanno sicuramente un peso, anche secondo modalità del tutto inaspettate, almeno stando a quanto hanno scoperto i ricercatori dell’Università della Florida.
Dai dati raccolti in una ricerca sembra infatti che gli uomini che credono in una divisione dei ruoli tradizionale tra uomini e donne abbiano stipendi più alti rispetto a coloro che hanno vedute più progressiste, mentre le donne con una visione paritaria dei ruoli non guadagnano molto di più delle donne che conservano una visione più tradizionalista.
Timothy Judge e Beth Livingston dell?Università della Florida hanno analizzato i dati di un campione, rappresentativo per gli Stati Uniti, di uomini e donne, intervistati quattro volte nel periodo 1979-2005.
Il campione comprendeva più di 12.000 persone di età compresa tra 14 e 22 anni agli inizi degli studi. In ciascuna sessione di interviste, le domande dei ricercatori concernevano i ruoli di genere sia per quanto riguarda il lavoro sia le attività di casa e in particolare le idee circa l?opportunità che la donna abbia un'occupazione oppure sia impegnata soltanto nelle faccende domestiche e nell'accudimento dei figli.
A questi seguivano altri quesiti sulle convinzioni etiche e religiose, sul tipo di educazione ricevuta e sul livello di retribuzione via via raggiunta.
Precedenti studi hanno evidenziato come gli uomini tendano a conservare visioni più tradizionaliste rispetto alle donne anche se la differenza tendeva a diminuire nel corso del tempo.
Gli studiosi hanno poi considerato in particolare i punti di vista sui ruoli di genere come possibili predittori del livelli di retribuzione dei soggetti, tenuto conto anche di fattori concomitanti quali la complessità del lavoro svolto, del numero di ore lavorative settimanali e il livello di istruzione raggiunto.
Dalle analisi, oggetto di un articolo apparso sulla rivista "Journal of Applied Psychology", organo ufficiale dell?American Psychological Association, si è evidenziata una correlazione statisticamente significativa tra visione dei ruoli di genere e il livello di retribuzione: gli uomini con idee più tradizionaliste guadagnano in media 8500 dollari in più all?anno rispetto all?altro gruppo.
"Le persone più tradizionaliste sembrano voler preservare la storica separazione tra lavoro e ruoli domestici: e pare proprio che ci riescano?, ha commentato Judge. ?Ciò si verifica anche se nell?attuale organizzazione del lavoro è evidente una parificazione dei ruoli.?
Per le donne, invece, la situazione è inversa: le donne con visioni più tradizionaliste sui ruoli di genere risultavano percepire in media 1500 dollari in meno su base annua.

Dal "Journal of Applied Psychology"

Tratto da: http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Quando_il_sessismo_paga/1333248
Il 27.1.2010
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La femminilizzazione della povertà Empty Re: La femminilizzazione della povertà

Messaggio Da Admin Gio Gen 28, 2010 1:28 am

La femminilizzazione della povertà 20090410
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